Foto di René Schindler da Pixabay

Decementificare.

Tornare a rendere drenante il terreno, liberandolo da quello strato che gli toglie funzionalità, bellezza, vita.

Il WWF ci crede tantissimo: tornare indietro si può. Forse si deve. Anche urgentemente.

Avviando una rielaborazione totale delle nostre città, rendendole più resilienti al cambiamento climatico, favorendo con la loro rinaturazione la capacità di raffrescamento e di purificazione dell’aria,  regalando spazio al suolo.

Ridipingendo di verde ciò che oggi è sciattamente grigio.

É quanto concentrato nel suo report “Verso Città ‘Nature Positive’: Decementifichiamo il nostro territorio – Rinverdiamo la nostra vita”, in cui l’associazione ambientalista pubblica il censimento di numerose aree urbane di diverse città italiane praticamente abbandonate, potenziali teatri di pratiche virtuose volte a restituire spazio alla natura ed ai suoi molteplici benefici.

Il focus del WWF ha portato alla redazione di 50 schede con altrettante segnalazioni e proposte riguardanti 24 tra i maggiori centri urbani italiani, schede in cui sono state evidenziate problematiche attuali ed opportunità da abbracciare, identificando spazi più o meno estesi come potenziali laboratori di azioni di riqualificazione, rinaturazione e recupero, tramite interventi più o meno ambiziosi che vanno dalla sostituzione dell’asfalto con materiali permeabili al recupero di parchi, giardini e corsi d’acqua fino a vere e proprie riqualificazioni in chiave ecologica di aree degradate.

L’obiettivo è diventare Città “Nature Positive”.

Per raggiungere questo target il documento delinea almeno quattro principali filoni di intervento: l’organizzazione sistematica delle informazioni sulla Vulnerabilità Climatica delle aree naturali e artificiali; l’impostazione a venire di un nuovo paradigma di Piani urbanistici che garantiscano un freno al consumo del suolo e amplino una riconfigurazione in chiave ecologica della città contemporanea, resiliente ai cambiamenti climatici; l’attenzione al Governo Condiviso del Territorio, con un più stretto coordinamento e integrazione tra i livelli istituzionali nazionali, regionali e locali; il fluire di tutte le risorse disponibili da varie fonti per la realizzazione di Piani di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, attingendo soprattutto alle risorse messe a disposizione dal MiTE.

In alcune delle aree prese in esame sono descritte vere e proprie minacce incombenti da sventare.

Come a Bologna, dove il WWF rilancia la battaglia storica per salvare 27 ettari di verde pubblico a Prati di Caprara, minacciati dalla cementificazione. O come a Melegnano, dove l’area San Carlo- oltre 21 ettari parzialmente edificati in cui è sorto un bosco spontaneo – è attenzionata da nuovi insediamenti industriali e logistici. O ancora a Paullo, dove si cerca di salvare quattro ettari di area verde e la zona umida di cui beneficia l’ambiente del quartiere di San Pedrino.

A Mestre invece il WWF chiede di annullare il progetto di strada parallela alla tangenziale tra Gazzera e Ciprissina, che cancellerebbe un’area agricola di 3 ettari, all’interno del quale scorre il Rio Cimetto, già scampato alle rettifiche della Serenissima.

Il citato censimento punta i riflettori poi su vere e proprie opportunità.

Come la rinaturazione dell’aiuola pubblica di Campo San Giacomo a Venezia, o come per la Piccola Scuola dell’Isolotto a Firenze, che propone un’attività di orticoltura didattica partecipativa in un’area agricola di 2mila metri quadrati nel rione dell’Isolotto.

Ed ancora a Perugia, che spinge per la proposta di riqualificazione del giardino abbandonato di via Pinturicchio, in uso alla scuola media Ugo Foscolo, a fini educativi.

Encomiabile a Roma l’azione della start up Ridaje, che favorisce l’integrazione dei senzatetto e delle persone più vulnerabili, con percorsi di formazione professionale come giardinieri urbani per la riqualificazione del verde pubblico e delle aree abbandonate della capitale.

Molte delle proposte sono concentrate nell’istituire parchi urbani, tutelare pregiate aree naturalistiche o benefici sistemi di aree verdi, come ad esempio quella del Parco urbano di Villa Turrisi, piccolo lembo residuo della Conca d’Oro a sud ovest di Palermo.

In corso a Messina il tentativo di salvare dalla pressione edificatoria la Laguna di capo Peloro, area tutelata persino dall’Europa e Riserva Naturale Orientata.

Nell’area metropolitana di Reggio Calabria prendono vita richieste di progetti di rinaturazione con la realizzazione di zone umide e stagni nell’area di quasi 30 ettari delle Saline Ioniche, nell’area comunale di Montebello.

A L’Aquila si prova a mettere in pista la rinaturazione della Pineta di Monteluco, trecento ettari di polmone verde in frazione Poggio di Roio, mentre a Campobasso emerge la richiesta di un sistema di quaranta ettari di aree verdi che interconnetta i parchi urbani.

Un capitolo a parte meritano poi i fiumi, per cui le richieste di decementificazione arrivano da un capo all’altro del Paese.

Da Palermo, dove AIPIN chiede per il fiume Oreto la pianificazione di interventi di rinaturazione per favorire l’intercettazione, la raccolta, il flusso e la depurazione delle acque della sua area, a Trento, dove il WWF propone creazione di stagni, zone umide ed aree alberate filtranti nella zona di San Lorenzo, nel tratto urbano in cui scorre l’Adige.

Si cerca inoltre di assicurare sollievo, aree verdi e raffrescamento naturale in aree densamente edificate, per far “respirare” meglio il territorio e i suoi abitanti.

A Firenze vi sono per esempio circa sei ettari di area verde degradata tra via San Donnino e via Campania: qui un intervento di riqualificazione del verde impreziosirebbe il piccolo lago che ospita specie animali come il Tritone punteggiato o il Rospo smeraldino.

O a Napoli, dove si prova a tutelare i circa 8mila metri quadri di aree verdi che regalano un oasi verde al quartiere popolare del Rione Traiano.

Un focus particolare infine è dedicato al recupero di ex aree agricole o industriali.

Fra le prime, nel territorio di San Donato Milanese,  il WWF propone il recupero del patrimonio arboreo unitamente alla Cascina di San Francesco dell’Accesso, trenta ettari di proprietà privata, destinata all’espansione urbana, e a Bari, dove si chiede di salvare i dieci ettari della Masseria De Tullio, edificio del 1500, il suo frantoio ipogeo e la cappella.

Fra le ex aree industriali, invece, a Milano il comitato “La Goccia” chiede la salvaguardia del bosco e gli edifici di archeologia industriale nell’area di 42 ettari dei Gasometri della Bovisa, mentre a San Giorgio a Cremano, nel Napoletano, l’associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale (ASOIM) chiede la rinaturalizzazione di circa 2 ettari di una ex area industriale di proprietà privata.

Tra le nuove parole d’ordine di queste azioni sempre più opportune vi è in misura sempre maggiore la “de-asfaltatura”, la permeabilizzazione di distese di cemento come parcheggi, rotatorie, persino marciapiedi: proposte in tal senso sono geograficamente sempre più presenti, da Aosta a Cagliari, da Bolzano a Potenza o Trieste.

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